Cittadini per l’Europa: dal dibattito accademico alle politiche culturali

Cittadini per l’Europa: dal dibattito accademico alle politiche culturali
7 Dicembre 2020 accademia

Nel pomeriggio di venerdì 6 novembre 2020, a cura del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli Studi di Udine, attraverso la piattaforma Microsoft Teams, si è tenuta la tavola rotonda dal titolo “Cittadini per l’Europa: dal dibattito accademico alle politiche culturali” con una serie di interventi sulla valorizzazione delle attività culturali nella regione Friuli Venezia Giulia in ottica del contesto europeo, mettendo a confronto figure delle istituzioni locali, della ricerca scientifica, della produzione culturale e dell’associazionismo.

Ad aprire i lavori è stata la direttrice del Dipartimento, prof.ssa Elena D’Orlando, la quale ha illustrato come l’evento rientrasse all’interno del progetto “Jean Monnet” dal titolo “We, the people of United Europe: reflections on the european state of mind”, che vede come coordinatrice la prof.ssa Laura Montanari e come project leader la dott.ssa Carna Pistan. È, dunque, emerso il tema della necessità per l’Unione europea di consolidare le proprie fondamenta culturali e di come il contesto comunitario possa agevolare le realtà regionali e delle minoranze laddove si presentano ritardi delle istituzioni nazionali, come il caso della mancata ratifica da parte di Italia e Francia della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie.

Gli interventi introduttivi hanno visto l’avv. Francesco Emanuele Grisostolo con una premessa su come il contesto culturale incida sulla genesi del diritto costituzionale e sul ruolo delle istituzioni politiche come snodo tra cultura e finanza. Un documento di riferimento, in questi termini, è la Convenzione di Faro del 2005 (Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società); in particolare l’art. 3, che propone la promozione e la comprensione del “patrimonio comune d’Europa”.

La prof.ssa Alessia Ottavia Cozzi ha proseguito illustrando il contesto comunitario sulla tutela del patrimonio e delle attività culturali, individuando nel Consiglio europeo di Maastricht del dicembre 1991 un momento chiave per l’attenzione alla formazione di un comune “demos” nel processo d’integrazione europea, mentre si è dovuto attendere la crisi del 2008 per accorgersi dell’indotto economico della cultura, tanto da cominciare a stanziare dei fondi strutturali comunitari all’interno del progetto Europa creativa. Da qui, la questione del valore della cultura oltre il fine economico e dell’equilibrio tra pubblico e privato, individuando nelle Regioni il “braccio operativo dell’UE” e l’istituzione moderatrice in favore soprattutto delle imprese culturali di nicchia, minoritarie ma più innovative.

La prima sessione La “politica culturale” nel contesto dell’UE, mediata dalla prof.ssa Montanari, è, dunque, cominciata con l’intervento dell’assessore alla cultura e allo sport del F.V.G. Tiziana Gibelli, la quale ha ribadito la fondamentalità di un uso dirigistico della politica, anziché ideologico. Le istituzioni non devono, infatti, fare cultura, ma valorizzare i soggetti culturali – assimilabili a micro, piccole e medie imprese – e la loro libertà imprenditoriale con il sostegno pubblico e le relazioni virtuose con il privato. In tutto ciò, il contesto regionale spinge a confrontarsi con le realtà oltre confine e valutare la dimensione continentale come “Europa dei popoli”, prima che “Europa degli Stati”, che trova riscontro nel programma Interreg – anche se non economicamente ambizioso a fronte di una durata settennale – e nel progetto Crossinno, a favore delle comunità montane.

Successivamente è intervenuto il dott. Giuseppe Morandini, presidente della Fondazione Friuli, che ha illustrato il ruolo e attività dell’ente. La Fondazione si pone, infatti, come centro di prossimità culturale, con l’obiettivo di essere raggiungibile e accogliente, comprensiva ed in grado di dare garanzia e continuità. Gli interventi sono solitamente in favore di realtà piccole, ma fondamentali per le comunità, in particolare il supporto alla crescita strutturale di imprese giovanili. L’auspicio del relatore è che per la prossima ripartenza siano formate delle figure professionali con competenze trasversali, dove la gestione del patrimonio culturale sia in primo piano assieme alla conoscenza del diritto ed il coinvolgimento nelle relazioni internazionali.

La seconda sessione Promozione delle lingue minoritarie e modello plurilinguistico europeo, moderata dalla dott.sa Pistan, ha offerto uno scorcio sulla composizione linguistica della Regione.

Il primo intervento ha visto il prof. Enrico Peterlunger, direttore del Centro interdipartimentale per lo sviluppo della lingua e della cultura del Friuli “Josef Marchet”, che ha illustrato come il profilo multiculturale e multilinguistico del Friuli sia a suo agio nel quadro europeo e, viceversa, la prospettiva di un’”Europa delle Regioni” può rivelarsi particolarmente fruttuosa nel medio-lungo periodo. Perciò, la lingua friulana è patrimonio delle comunità, che, in quanto tale, ha bisogno di essere riconosciuta come fondamentale per l’istruzione e la formazione; visione difficile da condividere in ambito nazionale, dove le identità locali possono esser viste più come elementi disgregatori, anziché aggregatori. Elemento chiave per questo scopo sono le università, in grado di provvedere alla promozione delle lingue e l’integrazione culturale, soprattutto laddove la lingua friulana è emigrata negli ultimi secoli.

Il secondo intervento è stato a cura del prof. Federico Vicario, presidente della Società filologica friulana, il quale ha presentato l’attività dell’istituzione ormai ultracentenaria, della quale spicca la rassegna annuale Setemane de Culture furlane, che ha potuto vantare oltre 60 eventi anche nell’edizione 2020, nonostante le restrizioni dell’emergenza sanitaria. Elemento chiave per l’organizzazione è il rapporto tra pubblico e privato, in una relazione di sussidiarietà sempre più importante, oltre alle consolidate relazioni e collaborazioni a livello nazionale, in primis con il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca.

È seguito per il terzo intervento il prof. Renato Oniga, direttore del Centro internazionale sul plurilinguismo, istituto attivo nella raccolta dati, testi e documenti e nella didattica laboratoriale. Si è evidenziato come il plurilinguismo sia un fenomeno costante nella storia europea, favorendo un apprendimento comparativo delle altre lingue, in particolare per lo sviluppo analitico e della capacità di descrivere rigorosamente i fenomeni, in linea con il metodo neo-comparativo. L’uomo risulta, quindi, predisposto allo studio di altre lingue ed uno stimolo può essere dato dalla pluralità di lingue di lavoro in ambito comunitario, dove la città di Udine può dimostrarsi un centro privilegiato per questo scopo.

Per il quarto intervento, la prof.ssa Matejka Grgič, ricercatrice presso lo Slovenski raziskovalni inštitut (SLORI), ha presentato un quadro della tutela delle lingue minoritarie in Europa: se, in linea di principio, vi sono delle tutele, queste arrivano spesso tardi, agendo in un’ottica retrospettiva e conservativa finalizzata più alla neutralizzazione dell’oppressione anziché alla promozione della lingua. Sono, quindi, sempre più la norma casi di diglossia in cui la lingua locale assume una dimensione simbolica, relegata a ritualità folcloristiche, e non più parte della parlata quotidiana. La svolta del patrimonio linguistico dovrebbe essere, dunque, una promozione attiva attraverso le telecomunicazioni e gli ambienti lavorativi.

L’ultimo intervento della sessione è stato tenuto da Alfredo Sandrini, membro della Commissione regionale per le minoranze di lingua tedesca del FVG. Dopo un’introduzione sulle quattro zone germanofone della Regione (Sauris, Timau, Sappada e Valcanale), si è illustrato l’esempio del plesso scolastico di Malborghetto-Valbruna, che dal 2010 propone l’attività didattica nelle tre lingue storiche del territorio secondo il sistema CLIL, con il riscontro di un miglioramento delle prospettive occupazionali degli allievi sul territorio (anche extra confine) grazie alle sviluppate competenze linguistiche.

Con la moderazione del dott. Matteo Damiani, s’è poi aperta la terza ed ultima sessione Identità europea e società civile in un contesto transfrontaliero.

Il primo intervento è stato del prof. Pio Baissero, direttore dell’Accademia europeista del FVG, il quale ha potuto offrire la visione di 30 anni di attività dell’associazione, con l’alternarsi di periodi ad alta intensità positiva e negativa per l’Europa. Il punto d’osservazione è il confine italo-sloveno, dove si può osservare concretamente l’efficacia dell’idea di Europa, il superamento di barriere fisiche e mentali e la riconciliazione tra i popoli, ma anche le recenti dispiacevoli vicende del ripristino del confine a fronte dell’emergenza del Coronavirus. Qui assume significato vivo il concetto di “glocalismo”, cioè l’apertura verso il mondo globale senza perdere la propria identità locale. Occorre, dunque, puntare sull’educazione, dai banchi di scuola alla formazione continua, per far risaltare “una diplomazia dei popoli”, come può esserne un esempio la candidatura di Gorizia-Nova Gorica-Senpeter a Capitale europea della cultura per il 2025, su proposta della cittadinanza.

L’intervento successivo ha visto il prof. Renato Damiani in rappresentanza della Casa per l’Europa di Gemona del Friuli, il quale ha posto il discusso quesito su cosa sia l’Europa tra definizione geografica e valori di un consorzio di nazioni. Un primo riferimento si può trovare nel Sacro Romano Impero e nelle sue istituzioni culturali attive nel continente, come la Scuola Palatina e le prime università. Dall’Ottocento, invece, è emerso il protagonismo degli Stati-nazione, che col concetto di “Madrepatria” pongono un sentimento ermafrodito di amore e autorità ai consociati. Si propone, quindi, di pensare alla cittadinanza europea, non come unica, ma comune e all’interno di una visione concentrica, dove il Friuli è chiamato ad esprimerne un banco di prova per realizzare l’ossimoro europeista “uniti nella diversità”.

Il terzo intervento è proseguito con la dott.ssa Monica Mosolo, dell’associazione Isto Nebo, con la presentazione di una ricerca sui giovani abituati ad attraversare quotidianamente il confine sloveno, ma spesso solo nelle immediate vicinanze per usufruire dei servizi presenti. Si è riscontrata, quindi, la mancanza di una vera coscienza transfrontaliera e di una conoscenza della realtà macroregionale dei Balcani occidentali, ed è per questo che è nato il progetto Meeting memories in collaborazione con il centro documentazione di Zagabria, assieme all’organizzazione di viaggi in Bosnia ed Erzegovina. Con la stessa finalità, si inserisce anche il progetto Sconfinati, uno spettacolo organizzato con il Coro del Friuli Venezia Giulia e presentato al Mittelfest 2020 a Cividale, per unire la riflessione storica alla ricerca musicale.

Il maestro Gabriele Bressan, presidente dell’Orchestra giovanile Filarmonici friulani, ha poi tenuto il quarto intervento per mostrare il funzionamento di un’istituzione avviata verso la trasformazione in impresa culturale per la formazione di professionisti della musica provenienti dai conservatori della regione. Si è individuato in Wolfgang Amadeus Mozart un simbolo dell’identità europea a fronte dei suoi studi intrapresi in un tutto il continente e poi riversati nelle sue composizioni, sancendo canoni ancora validi provenienti da un contesto multiculturale e rendendo così lo studio della musica un percorso europeista sin da subito. Si è notato, infatti, che i conservatori e le accademie musicali siano spesso più internazionalizzati delle università ed è proprio sulla via dell’internazionalizzazione che le imprese culturali devono muoversi per ottimizzare ed attirare risorse.

L’intervento successivo ha visto esprimersi concisamente il dott. Paolo Petiziol, presidente dell’Associazione Mitteleuropa, il quale ha ribadito come la prima cosa che viene chiesta ad una persona di cultura sia il coraggio. È necessaria, quindi, la capacità di osservazione e ascolto sul territorio per prendere iniziative pratiche e coinvolgenti, confermando, dunque, la necessità di formare figure professionali dalla forte sensibilità culturale e diplomatica.

Il sesto intervento è stato tenuto dal prof. Nicola Gasbarro, presidente del comitato scientifico di “Vicino/lontano”, il quale ha invitato a guardare all’Europa dal Friuli, regione che ospita tutti e tre i principali ceppi linguistici del continente. Altra dimensione è quella della cittadinanza, dalla quale le istituzioni europee si son fatte sentire in questo periodo di crisi, andando oltre la mera funzione economica. L’Europa è, infatti, la prima istituzione “post-nazionale” nata per l’esigenza storica di pace e adottato una struttura confrontiva, sul modello antropologico della compatibilità, cioè il relazionarsi per affrontare esigenze pratiche per poi condividere dei valori. Una scienza utile per comprendere e gestire l’integrazione europea è il comparativismo giuridico ed il Friuli deve proporsi come paradigma di questo processo. In tutto ciò, è auspicabile che vengano approfondite già nelle scuole superiori le interrelazioni per permettere di riscoprire le nostre identità.

Per ultimo è intervenuto il dott. Marco Stolfo in rappresentanza di radio Onde Furlane, ente che propone da 40 anni un’impresa sociale per dar voce al mondo friulano, mondo dalle grandi risorse per lo sviluppo e per le relazioni di solidarietà. La radio nasce con l’intento di dare uno spazio libero per la cultura e la realtà friulana, inclusa l’attuale situazione migratoria attraverso la voce dei diretti interessati, in una finalità di conoscenza e rispetto. Il motto che ben riassume l’attività è “pensa friulano, agisci europeo”.

Infine, il prof. Claudio Cressati ha tratto le conclusioni dei lavori per poi citare uno degli ultimi interventi di Jean Monnet, il fondatore della CECA al quale è dovuto il nome del programma in cui s’inserisce l’iniziativa, a proposito dell’avvio del processo d’integrazione europea: “se dovessi rincominciare, rincomincerei dalla cultura”.

di Giampaolo Rizzo

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